Folle folli e fole

igor MorskiDa www.vice.com- COME GRILLO E CASALEGGIO HANNO TRASFORMATO INTERNET IN RETE 4

Che è vero. Che quegli otto milioni abbondanti di voti non si spiegano con le solite trite quattro stronzate fatte di luoghi comuni e leggende metropolitan-internettiane alle quali i cosiddetti analisti della società sono tanto ma tanto da sempre affezionati. Mentre è il solito banale ammuffito noiosissimo problema della democrazia come strumento e modo decisionale: dare voce alla universalità del popolo. Lasciando esprimere la totalità degli elettori, ovviamente. Che sono, tuttavia, nella loro gran parte da sempre votati a votare e a votarsi alla scorciatoie semplificatrici di “pancia”. Basta gettar loro come ai cani gli ossi, pochi temi basilari fondati sul naturale rancore che ogni “semplice cittadino” (fantastica mitologica figura che ogni furfante di questo mondo senza alcuna difficoltà  e senza nessun senso critico, con una estrema facilità identifica con sé stesso) non può non provare verso chi, per ruolo od elezione, si frappone fra lui e “la sua libertà”. E “il suo diritto”.  Libertà e diritto di essere “individuo totale” che in quanto tale non risponde ad una comunità e al mondo che gli sta intorno ma solo ai cazzacci suoi. Nemico suo sarà il vigile che gli appioppa la multa per la macchina in doppia fila; l’impiegata del Comune che gli chiede una sfilza di inutili documenti e che, di là dal vetro, sembra godere delle complicazioni e delle perdite di tempo che inutilmente gli infligge; il parlamentare che dal sacro trono dei suoi evidenti privilegi  pontifica in tv sui sacrifici da sopportare; tutti gli altri che, facenti parte di una qualsivoglia casta (è il mood), impediscono con tasse, sprechi, intrallazzi, interessi personali etc., al normale cittadino… con quel che segue…

Democrazia, dunque, come accesso facile e facilitato e tutto facilone alla complessità. Come è sempre stato da quando ci si affida all’intelligenza e alla consapevolezza delle masse per trovare una direzione da dare al governo delle cose.

Gli è che di quando in quando il tempo che si vive, per vie ordinarie e spesso abbastanza infami, si esprime con una qualche, più o meno pregevole, rottura. Gli è che quello che un tempo non era possibile ad certo momento lo diventa. Il clima di continenza che per anni aveva impedito ai partiti politici (salvo brevi fugaci fiammate) di intraprendere questa via facile (e indecente) al consenso d’un tratto… D’un tratto cade un muro. D’un tratto matura quel s’è seminato in termini di cultura diffusa. D’un tratto viene sdoganata la facile (tele)visione sfrondata dalla fatica di ogni altra elaborazione. Sono sdoganati l’ammicco greve, la risata crassa, la bava dell’urlo rabbioso, gli sputi e gli schiaffi (metaforici o meno). D’un tratto saltano i freni inibitori e quel che non si diceva per minima convenzione se non nei bar sport e nella avvinazzate osterie di paese e nei ritrovi famigliari di nascosto dai bambini, d’un tratto, come per scellerato sortilegio, d’un tratto viene legittimato. La politica ripristina la discriminazione. Tout court. La legittima. Ad uso del popolo. Per biechi e volgarissimi motivi di miserabile consenso. Tutta la volgarità, tutta la trivialità, tutta la bassezza, spesso condite da pura crudeltà travestita da “provocazione”, vengono squadernate e consegnate al popolo a che ne faccia scempio di ogni forma di civile convivenza. Peggio, la stessa civile convivenza finisce nel tritacarne della irrisione per cui ogni riferimento ad essa finisce col cadere nella trita categoria del “buonismo”.

Il cattivismo assurge a modello giustificativo d’ogni rancore. Di chiunque verso chiunque. Senza elaborazione culturale anche l’odio, invece che ad un preciso indirizzo di giustificabile rivolta verso chi veramente lo merita, si proietta in sterile indefinito (ri)sentimento e irrazionalità fine a se stessa. Ogni motivo di ribellione viene attratto nel gorgo dell’inconcludente malanimo. Si fa mormorio plebeo, si fa brusio astioso, si fa chiacchiera triviale.

Indistinto  rifiuto di TUTTO.

Il cerchio si chiude.

Cuore, bile e in_testini

prigionieroDa Il Fatto Quotidiano.it-  « Ma, oltre a scrivere, ogni tanto vi leggete?» di Marco Travaglio

«Perché, parafrasando un celebre titolo di “Cuore” sul mitico “uomo della strada”, è ora di riconoscere che molte volte anche il mitico “popolo del web” è una bella merda» dixit Travaglio.

E pure noi, che, per dirla col Marchese del Grillo (che forse non è Travaglio, che deve essere almeno almeno barone se non principe di quel casato) non siamo un cazzo, la cosa (è una bella merda) l’avevamo mezza intuita. Dal successo, tra l’altro, dello stesso Fatto Quotidiano. A cui successo per un breve momento tutti noi, sinistrorsi sinistrati e un poco sinistronzi, abbiamo contribuito salutando il vento nuovo fatto d’irriverenza e di spietata controindicazione alla cultura berlusconoide infiltratasi in ogni ganglio della bassa società ed incivile. Lo intuimmo dalla lenta ascesa alla beatificazione dello stesso Travaglio (principe, barone o marchese di cotanto Grillo, del Grillo medesimo (l’imperatore) e degli accodati giornalisti tutti con la bava alla bocca e gli occhi iniettati di sangue (uveite primordiale epidemica): stessi metodi spicci e sbrigativi dell’ancien regime; stesse liquidatorie scorciatoie per arrivare, al roso fegato e alla travasata bile prima che al cervello di chi assisteva allo sfacelo di una intera classe politica. Stesse mediatiche bastonature a chi, per eccesso di tribolate analisi e complicati pensamenti non si allineava con la sacra Crociata. Ottimo proponimento, non fosse stato che tra gli infiltrati tra le fulgide schiere dei bastonatori dell’orrida casta, stavano i soliti furbetti mediatici tartufi, degni rappresentanti dell’establishment italico, declinanti e declinati, e inclinati anche, al nuovo spirito del tempo. Ottimo intento, non fosse stato che nel ritrarsi puri e duri non avessero catalizzato in quel fango creativo tutti i biechi rancori, tutti i livori, tutti i cultori dell’affanculismo più becero e spietato. Internet? Oh sì. Dove ci stanno questi (i buoni, belli, bravi ed odorati) e quelli (i puzzoni, rancorosi, frustrati ed odiatori per diletto e/o professione).

Ora, da una parte l’aedo del grillismo/grullismo prende atto che i “metodi di dibattito”, quando diffusi per l’azzurro cielo, svolazzano e ritornano come per magia ai natii lidi. Dall’altra il guru aureolato tutto proiettato alla mistica del web e alla democrazia che da questo traeva legittimazione e imprimatur, di fronte alle prime scosse di coscienza e alla banale constatazione di come le cose conservino una loro intrinseca bellezza fatta di complessa profondità, s’indispettisce e conciona malamente e censura e indirizza bolle d’anatema…

Ma dai?